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venerdì 20 marzo 2015

O TEMPORA, O MORES




Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?

Quam diu etiam furor iste tuus nos eludet?

Quem ad finem sese effrenata iactabit audacia?

O tempora, o mores.

Senatus haec intellegit.

Consul videt; hic tamen vivit.

Vivit?

Immo vero etiam in senatum venit, fit publici consilii particeps, notat et designat oculis ad caedem unum quemque nostrum.

Nos autem fortes viri satis facere rei publicae videmur, si istius furorem ac tela vitemus.

Ad mortem te, Catilina, duci iussu consulis iam pridem oportebat, in te conferri pestem, quam tu in nos [omnes iam diu] machinaris.


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Fino a che punto abuserai, o Catilina, della nostra pazienza?

Quanto a lungo questo tuo furore si prenderà gioco di noi?

Fino a che punto arriverà la sfrontatezza sfrenata?

O tempi, o costumi!

Il senato comprende queste cose.

Il console le vede; questo tuttavia vive.

Vive?

Anzi, viene anche in senato, diventa partecipe delle decisioni pubbliche, annota e designa con gli occhi ognuno di noi per la strage.

Invece sembra che noi, uomini forti, facciamo abbastanza per lo stato, se evitiamo il furore e le frecce di costui.

A morte te, o Catilina; era opportuno che per ordine del console già prima fosti condotto, contro di te era opportuno che fosse portata quella rovina che tu progetti da tempo contro tutti noi.

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