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lunedì 9 marzo 2015

LA STRAGE DEGLI ALBERTI

Pentedattilo o anche detta 'La Mano del diavolo' si trova in Calabria, sulla cosiddetta rupe che sovrasta il monte Calvario, che a sua volta domina la cittadina di Melito di Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria.

Questo luogo altro non è che un paese disabitato, dal fascino spettrale e misterioso che lo contraddistingue come uno dei luoghi più suggestivi della Calabria.

E’ il borgo arroccato della vecchia Pentedattilo, paese che da sempre affascina i suoi visitatori per le sue vesti di antico rimaste immutate nel tempo.

Durante il periodo bizantino cadde in declino, causato dai continui saccheggi da parte dei Saraceni e del Duca di Calabria; in seguito venne conquistato dai Normanni e trasformato insieme ai paesi Capo D’armi, Condofuri e Montebello Ionico in una baronia affidata alla famiglia Abenavoli dal re Ruggero d’Altavilla.

E’ proprio grazie ad un membro della famiglia Abenavoli, il barone Bernardino, che il paese assunse la denominazione di “Mano del diavolo”.

Secondo una diceria locale, infatti, si narra che le torri in pietra che sovrastano il paese, siano le cinque dita insanguinate della mano del barone Abenavoli, che fu il protagonista della famigerata Strage degli Alberti.

Nella seconda metà del XVII secolo il paese di Pentedattilo fu teatro di un crudele misfatto noto come Strage degli Alberti, riportato alla luce dal romanzo di Andrea Cantadori "La tragedia di Pentidattilo".

Protagonisti di questa vicenda furono i membri di due nobili famiglie; quella degli Alberti, marchesi di Pentedattilo, e quella degli Abenavoli, baroni di Montebello Ionico ed ex feudatari di Pentedattilo.

Fra le due famiglie per lungo tempo vi era stata un'accesa rivalità per questioni relative a confini comuni; tuttavia verso il 1680 le tensioni fra le due casate sembravano andare scemando sia per pressioni del Viceré, che intendeva pacificare la zona, sia perché il capostipite della famiglia Abenavoli, il barone Bernardino, progettava di prendere in moglie Antonietta, figlia del marchese Domenico Alberti.

Nel mese di Aprile dell'anno 1686 e il castello di Pentedattilo è tutto in
festa ed in tutto il territorio circostante fervono i preparativi per accogliere la famiglia al completo del Vicerè di Napoli don Pedro Cortez in occasione della celebrazione delle nozze della primogenita Maria con il Marchese Lorenzo Alberti, Signore di Pentedattilo.In occasione di tale matrimonio da Napoli giunse in Calabria un lungo e sontuoso corteo che comprendeva, oltre alla sposa, il Viceré con la moglie e il figlio Don Petrillo Cortez.

Don Petrillo ebbe quindi occasione di conoscere Antonietta e, rimasto dopo le nozze con la madre a Pentedattilo, causa una sua improvvisa malattia, ebbe l'occasione di frequentarla e di innamorarsene; chiese dunque al cognato Lorenzo di poter sposare Antonietta e questi acconsentì alle nozze della sorella.

Ma la notizia dell'imminente fidanzamento tra i due giovani si propaga rapidamente e giunge alle orecchie di Bernardino Abenavoli, barone di Montebello, discendente di quel Ludovico Abenavoli che fu tra i 13 prodi della disfida di Barletta, confinante del marchese Alberti.

L'Abenavoli ama segretamente, ampiamente ricambiato nei suoi sentimenti, la bella marchesina (la relazione è tenuta in piedi grazie alla complicità di una donna del luogo che fa da tramite tra i due innamorati).

Grandi sono il furore ed il desiderio di vendetta che si impadroniscono del barone nell'apprendere la notizia, tanto da indurlo ad organizzare immediatamente una spedizione contro il castello per rapire la sua amata ed infliggere una severa punizione al marchese.

Nella notte del 16 aprile 1686 Domenica di Pasqua, Bernardino scalando la scoscesa salita che si stende a nord del maniero di Pentedattilo ed approfittando della complicità di Giuseppe Scrufari, si introdusse all'interno del castello di Pentedattilo con un gruppo di suoi uomini armati e senza scupoli.

Nel breve volgere di pochi attimi lugubri, angosciose ed agghiaccianti urla di terrore lacerano il buio della notte.

Il primo a morire fu proprio il marchese, proprio per mano di Bernardino che giunto nella camera da letto di Lorenzo, lo sorprese durante il sonno sparandogli due colpi di archibugio e finendolo con 14 pugnalate.

Stessa sorte subiscono la madre Maddalena Vanctoven, accorsa alle disperate grida del figlio, e l'altra sorella Anna, sedicenne, uccisa dalla mano traditrice di Giuseppe Scrufari, nonché Simone Alberti, fratellino minore di Lorenzo, di appena 9 anni, ucciso mortalmente sbattendolo contro una roccia.

Da tale massacro furono risparmiati Caterina Cortez, Antonietta Alberti, la sorellina Teodora, la madre Donna Giovanna e Don Petrillo Cortez, preso in ostaggio come garanzia contro eventuali ritorsioni del Viceré verso gli Abenavoli.

Nei giorni che seguono la strage, Bernardino Abenavoli fa celebrare le sue nozze con la marchesina Antonietta, che sposò con la violenza nella chiesa dittereale di San Nicola il 19 Aprile 1686.Il resto del regno è percorso in tutte le sue contrade da un' onda di brivido e sdegno per l'accaduto.

Lo stesso Preside della Provincia di stanza a Pizzo, informato tempestivamente il Vicerè a Napoli, non esita a imbarcarsi e giungere a Reggio la sera del 21 Aprile per coordinare e dirigere personalmente le operazioni investigative per la cattura dei responsabili dell'eccidio.

In breve tempo i punti nevralgici dell'intera provincia vengono presidiati per impedire la fuga del barone il quale, avvertendo che il cerchio predisposto dalle forze di polizia gli si stringe pericolosamente attorno, lasciando presso la sua dimora don Petrillo strettamente sorvegliato da alcuni suoi seguaci, insieme alla moglie ed ai più facinorosi e temerari dei suoi congiurati, tenta la via della fuga e si dirige verso la fiumara del Valanidi dove viene intercettato dal Battaglione di Reggio che perlustra la zona in cerca dei suoi complici.

Con un' azione fulminea nonché coraggiosa, dopo una breve colluttazione ed uno scambio di archibugiate, riesce ad aprirsi un varco e dirigersi verso la città di Reggio.

Intanto sopraggiunge sul posto della scaramuccia il Preside della Provincia con il grosso della cavalleria regia che ha il preciso obiettivo di marciare su Montebello allo scopo di liberare dalla prigionia don Petrillo, il quale viene condotto a Reggio dove si ricongiunge con la madre e la sorella.

Una volta messi al sicuro i componenti della famiglia di don Pedro Cortez, tutta la provincia diviene teatro di una gigantesca caccia all'uomo, condotta con tutte le forze disponibili alle quali si affiancano ben nove compagnie di fanteria spagnola, sbarcate a Reggio su sette galee inviate dal Vicerè.

L'operazione non tarda a dare i suoi primi frutti. Infatti, sei dei congiurati sono riconosciuti, catturati, decapitati ed esposti dai merli del castello di Pentedattilo.Successivamente è preso lo stesso Giuseppe Scrufari, il consigliere traditore che, con truce violenza, aveva ucciso senza esitare la giovanissima sorella del marchese Anna, ed il suo capo mozzato viene piantato nel preciso punto in cui la fanciulla esalò l'ultimo respiro.

Il barone Abenavoli, grazie a vari espedienti e appoggi, riuscì a sfuggire alle truppe del Viceré insieme ad Antonietta e, dopo aver affidato la moglie ad un convento, scappò prima a Malta ed in seguito a Vienna dove egli implora lo stesso imperatore d'Austria di voler servire nella presente guerra al fianco della Repubblica di Venezia, contro il Turco invasore.

Per ordine dell' imperatore sulla sua divisa vengono appuntati i gradi di Capitano dell'esercito, che egli onora, distinguendosi in numerose azioni di guerra, finché il 21 Agosto del 1692, colpito da una palla di cannone nemico mentre si prodiga ad organizzare la risposta ad un attacco, conclude la sua avventurosa e dilettuosa vita.

Antonietta Alberti, il cui matrimonio con Bernardino fu annullato dalla Sacra Rota nel 1690 perché contratto per effetto di violenza, finì i suoi giorni nel convento di clausura di Reggio Calabria, consumata dal dolore e dell'angoscia di essere stata lei l'involontaria causa dell'eccidio della sua famiglia.

Si narra che la sera, in inverno, quando il vento è violento tra le gole della montagna si riescono ancora a sentire le urla del marchese Lorenzo Alberti.

Fonti:
http://www.tanogabo.it/Strage_degli_Alberti.htm; http://www.calabriaonweb.it/2014/02/09/il-mistero-del-paese-fantasma-e-la-strage-degli-alberti/.

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